Conferenza Stampa sulle STRISCE BLU

Conferenza Stampa sulle STRISCE BLU

Conferenza Stampa sulle STRISCE BLU 

Galatone (Le) – 30 ottobre 2015 – Palazzo Marchesale – Conferenza Stampa sulle STRISCE BLU – Interventi di Livio Nisi (Sindaco di Galatone), Claudio Botrugno (Assessore alla Polizia Municipale) e Agostino Terragno (Comandante Polizia Municipale) – Dibattito con interventi di Antonio Calò (Gazzetta del mezzogiorno), Daniele Colitta (Quotidiano di Puglia), (Luigi De Giorgi (Il Galateo), Sandra Papa (Corriere Salentino) ed Enrico Longo (La Postilla).

Podcast audio a cura di Mauro Longo:

PAROLA E PAROLE

"PAROLA E PAROLE" favola di Antonio Resta

“PAROLA E PAROLE” favola di Antonio Resta 

PAROLA E PAROLE

Resoconto di una seduta del Parlamento animalesco…

Erano passati alcuni anni da quando, nella foresta, si era scelta la nuova Carta costituzionale che prevedeva la istituzione della Monarchia assoluta, con la concentrazione, di fatto, di tutti i poteri (legislativo ed esecutivo) nella persona del Re (il leone).

Una ventata nuova, intanto, si stava abbattendo su tutte le foreste, con l’istanza sempre più pressante di una maggiore partecipazione del popolo alla gestione della “Cosa pubblica”: la forma di governo democratica non era più rinviabile e, per usare una frase storica che era risuonata nel primo parlamento (umano!) subalpino, non si poteva essere “insensibili al grido di dolore che si levava da tante parti”.

            I politologi si scatenarono nel proporre le varie soluzioni, ognuno, ovviamente, presentando la sua come la migliore.

            Non si discusse più (il problema era stato risolto) sulla scelta tra monarchia e repubblica, quanto sul potere da attribuire al primo ministro, con conseguente limitazione di quello del sovrano. Si parlò, tra l’altro, di semipresidenzialismo, suscitando la facile ironia, puntualmente tradotta in vignetta, con il riferimento all’ olio di semipresidenziale…

            Si convocò l’assemblea costituente, con il compito di redigere la nuova costituzione (animalesca!) tenendo presenti tutte le istanze (la ventata di cui si parlava) che erano sorte in conseguenza del progresso della civiltà e riguardanti in primo luogo i diritti umani.

            Dopo il saluto inaugurale, si cercò un motivo che potesse unire l’assemblea: almeno, si disse, si poteva cantare unitariamente.

            Il richiamo al canto portò immediatamente alla scelta dell’inno nazionale e fu proprio il momento in cui la scelta naufragò e l’illusione di cantare “insieme” si rivelò tale fin dall’inizio delle prime battute. Le stonature delle varie voci si rifletterono sulla scelta dell’inno: ognuno ne propose uno e le dissonanze musicali fecero compagnia a quelle dei vari testi presentati.

            Del resto, come era possibile armonizzare il raglio dell’asino, il nitrito del cavallo, il muggito del bue, il barrito dell’elefante, il belare delle pecore…senza contare i versi dei vari uccelli?

            Si proseguì, tuttavia, nel lavoro della scelta.

Si scartò subito, anche se un nutrito gruppo di parlamentari lo sosteneva, il coro del Nabucco di Verdi Va’, pensiero…Il suo inizio, affermò un deputato, ovviamente contrario alla sua scelta, fa venire in mente l’inizio di una…augurante giaculatoria laica, con la richiesta e l’auspicio di un viaggio in un paese o, se preferite, in un luogo, nei secoli passati tenuto rigorosamente al buio, ma oggi più che mai esposto e addirittura oggetto di trattazione da parte di un autore, un regista precisamente, specialista in questa tematica, che vi ha steso un trattato: non so se, nella sua competenza, rientri anche quella della cucina, definita tecnicamente culinaria…La sua trattazione deve essere solo terrestre…

            Per una più approfondita conoscenza della materia, è sufficiente prestare attenzione al labiale dei calciatori nei confronti dell’arbitro durante le partite di calcio per certe decisioni del direttore di gara, non condivise.

            E poi (altro argomento validissimo), posto che vada, (l’eventualità la personalizzo…) dietro consiglio o imposizione, sono sicuro di trovare qualche posto ancora libero? Mi è doveroso annotare, comunque, che questo argomento presentava qualche perplessità e qualche dubbio.

            Io, osservò in privato un animale, approvo il rigetto di quell’inno per una ragione molto semplice: quel va’! lo si rivolge a tutti e, perciò, se tutti attuassimo quel comando, ci ritroveremmo nella stessa situazione di prima, quindi, ci dovrebbe essere il contrordine: ritorna!

            La speranza, assai debole, in verità, potrebbe essere quella che qualcuno, deludendo il desiderio del mittente, ritorni e…lasci caldo il posto al prossimo arrivato.

            Per farvi vedere che sono aggiornato, aggiungo che la fervida fantasia dei giornalisti ha assegnato a…quel posto al buio una coordinata (si dice così?) geometrica definendolo “lato B”: non mi domandate il perché. Le mie nozioni in merito (geometrico!) sono molto carenti.

            Mi raccontava un amico, con un riferimento personale, sempre in merito a questo argomento, di un’esperienza vissuta direttamente: è proprio il caso di dire: sulla propria pelle.

            Gli era stato prescritta una cura, da fare per iniezioni: il posto dove normalmente si opera…lo sapete quale è: anche le modalità. Le si iniettano…a fasi alterne. Un giorno, nel momento dell’…augusta operazione, ha indicato la parte che doveva essere interessata. L’operatore, con decisione, lo contestò, affermando che doveva essere l’altra parte, portando come argomento che lui era molto fisionomista. Anche un esperto “fissaimmagine”, penso, si sarebbe trovato in difficoltà a distinguere le due in questione: così simili!

Da allora mi sono sempre arrovellato il cervello su quale poteva essere stato il motivo…estetico di tale fermezza e decisione, nonché di tanta incancellabile impressione. Con l’aggiunta di un senso di rabbia per non poter anch’io rendermi conto di questa… prelibatezza estetica per la sua naturale collocazione irraggiungibile da chi la  possiede.

La digressione…umana riguardava il motivo della non accettazione di quell’inno: fu in pieno condivisa dagli animali: le argomentazioni erano differenti, ma…il luogo era quello, anche per loro.

            Io, riprese un animale, all’atto della votazione, mi sono espresso per l’altro inno che era stato proposto: mi sembrava più adatto e per diversi motivi: l’inno era Il Piave mormorava…

            Il primo motivo era il più nobile ed era legato all’epica battaglia che pose fine alla prima guerra mondiale, sanzionando definitivamente i confini della Nazione che da Petrarca, erano stati disegnati con due versi che valgono una lezione di geografia: Il bel paese che l’Appennin parte, il mar circonda e l’Alpe…Costituiva, ed a ragione, un motivo d’orgoglio per il cittadino italiano che aveva potuto contare sull’eroismo di tanti suoi connazionali morti su quei campi di battaglia.

            Una seconda ragione, meno nobile, ma sicuramente legata all’indole di un popolo, quello italiano, era costituita da quel “mormorava” del fiume che quasi lo cullava, lo vezzeggiava perfino e una giustificazione c’era, sicuramente.

Quel “mormorare” sembrava traducesse in pieno il modulo del nostro camminare, quasi una marcia con il sottofondo di questo motivo musicale, un accompagnamento si direbbe “incorporato” alla nostra costituzione biologica.

            Non potrebbe essere questo, pensai dentro di me, l’inno che riprodurrebbe in pieno il nostro modo di pensare e di agire?

 La mia risposta non poteva essere che positiva: lo votai, ma il risultato non mi fu favorevole.

            Fu scelto, come provvisorio, l’inno attuale: tanto provvisorio che dura ancora…

            A governo costituito, ci fu un incidente, proprio in merito alla costituzione

            Si festeggiava a Roma il raduno degli omosessuali il Word gay pride. Le critiche che lo precedettero furono violente e numerosissime e richiamarono l’attenzione del governo, chiedendone addirittura un intervento che lo impedisse.

            Il capo del governo, nel nostro caso un animale, esponendo la posizione dell’esecutivo, aggiunse che la dimostrazione non poteva essere impedita perché purtroppo la costituzione lo permetteva.

Si discusse molto sulla inopportunità di quel purtroppo, soprattutto in rapporto alla persona che l’aveva pronunciata e per le conseguenze che ne erano derivate. In merito al soggetto la meraviglia fu ancora più grande considerando che passava come uno dei più profondi conoscitori e più fini cultori del diritto, tanto da essere definito il “dottore sottile”. Il discorso si allargò sul diverso significato che la parola acquista a seconda del contesto e della persona che la pronuncia: pensate un po’ che effetto produce nel caso la pronunci, per esempio, un medico…

            Anche il tema ebbe modo di attirare l’attenzione e, dalla sua conoscenza “per sentito dire”, si passò a un approfondimento che non ebbe più le remore del passato…diventando, addirittura, “orgoglio”, con manifestazioni e con satire pesanti, perfino blasfeme.

            L’argomento si trasferì così in parlamento e, come era prevedibile, suscitò animatissime discussioni. Solo che, forse presi dalla foga, o a causa della scarsa conoscenza della tematica, alcuni interventi non potettero far altro che suscitare ilarità.

            Avvenne subito. All’ordine del giorno c’era per esteso il titolo dell’argomento, solo che qualche oratore, forse per brevità, continuava a parlare di “omo”, senza l’aggiunta che lo specificasse. Non vuoi che ci fu qualcuno che cominciò a mugugnare, protestando perché si stava svilendo il Parlamento, riducendolo a un supermercato, con la vendita di un detersivo, privilegiato a differenza di altri?

Gli amici di partito, per spirito di corpo e per difenderne l’onore, si premurarono, in privato, di spiegare il significato di quel “omo” non riconducile alla nota marca del detersivo, col quale non aveva nessun legame. Era, invece, una parola greca che significa “lo stesso” e denota (mi servo del vocabolario) “l’inclinazione erotica verso soggetti del proprio sesso”, tanto per quanto riguarda gli uomini come per le donne. Non riguarda, perciò, solo l’uomo (potrebbe trarre in inganno quell’“omo”), ma anche la donna, per la quale   non si deve dire “oma”. In un altro contesto, quando ci riferiamo allo “stesso” nome, non usiamo il medesimo prefisso dicendo “omonimo”?

Ma in un’altra seduta avvenne un fatto ancora più grave, particolarmente offensivo nei riguardi di queste persone che meritano rispetto e comprensione.

Mentre continuava il dibattito su questo tema, importante, peraltro, per i riflessi che poteva avere sulla vita pratica delle persone e della società, si dovette registrare, con sorpresa generale, l’intervento di un deputato che cominciò a parlare dei diritti dei lavoratori dei campi, segnatamente degli ortolani, costretti a vendere la loro merce, facilmente deperibile, a prezzi tutt’altro che remunerativi. Eppure il loro prodotto, aggiunse, specialmente quello a coltivazione mediterranea, ha un sapore inimitabile.

Il presidente di turno si vide costretto a togliere la parola all’intervenuto, perché non pertinente al tema dell’ordine del giorno.

Anche qui, davanti alle proteste per l’“arroganza” di chi dirigeva la seduta, a motivo di quell’intervento “dittatoriale” che aveva interrotto il suo discorso, dovette seguire una chiarificazione sul motivo dell’attribuzione del nome di quell’ortaggio a chi manifesta quella tendenza. A dilucidazione avvenuta, il deputato si convinse che, in realtà, il suo intervento sull’agricoltura era del tutto fuori posto, almeno in quel contesto.

Peccato! Perché la sua competenza “finocchiara” avrebbe potuto portare degli incentivi e un promettente rilancio al prodotto…incriminato.

Non è dato sapere se era favorevole o contrario, in ogni caso, quella pianta che sicuramente si trovava nel suo orto, quale trattamento avrà avuto in seguito…

Sempre in tema di ortaggi, è l’occasione buona per ricordare un episodio che, nonostante legato sempre a questi prodotti orticoli, si colloca decisamente in un’altra ottica.

Va raccontato. Sono implicati due ortaggi: la zucca e le rape. Lasciamo alla zucca, il compito del racconto.

Un giovane insegnante di Religione in un istituto magistrale, si recò a scuola per tenere la sua lezione a una classe, ovviamente tutta femminile. Aveva tagliato i capelli e il barbiere aveva usato generosamente la forbice: erano risultati particolarmente corti.

Un’alunna ebbe a ridire proprio su quel taglio, con una domanda di per sé innocua, ma che si prestò a un’aggiunta che fece una seconda intervenuta.

Ha tagliato i capelli! disse la prima, non vedi, aggiunse la seconda, che zucca è scappata fuori?

La risposta-commento dell’insegnante fu immediata, fulminea. Apposta, disse, i superiori mi hanno mandato in questo campo di rape, aggiungendo che, come zucca, si trovava proprio a suo aggio.

Ci fu una risata generale, cui seguì addirittura un applauso.

Ci si convinse ancora di più che gli ortaggi, al di là di qualche attribuzione, comunque immeritata, possono unire molto di più di qualsiasi richiamo di altro genere, apparentemente anche più elevato.

Non fu differente la conseguenza che seguì a un intervento, anche se di altro genere, di un deputato (sempre animale!) eletto in una delle isole che circondano la nostra nazione. Da molto tempo aveva lasciato la terra ferma e il suo domicilio di adozione era legato a quella, isola ovviamente, in cui risiedeva.

Il suo primo intervento ebbe un esordio quanto mai infelice. Per dimostrare la sua solerzia e preannunciando i suoi propositi a favore dei suoi elettori, dopo tanto tempo, disse, sono tornato in continente: mi impegnerò a difendere i nostri diritti.

I deputati che avevano la stessa estrazione geopolitica, si guardarono attorno con comprensibile meraviglia. Non mancò chi, ripetendola, la parola, badò a non farla risuonare come unita, con il suo significato completamente fuori…degli interessi cui intendeva riferirsi il collega. Il problema dell’incontinenza, insomma, non presentava i caratteri dell’urgenza…

Fu annunciato l’ordine del giorno della prossima seduta.    Riguardava il tema della fecondazione artificiale, segnatamente quella “in vitro”: avrà la facoltà di parlare per primo l’on. Buttiglione. Ma no, non è possibile! fu il facile commento. Come farà a parlare contro, proprio lui, con quel cognome che la dice tutta?… non poteva esserci scelta più azzeccata o… più sbagliata|

La seduta proseguì, ma l’ eco ingombrante di quel “purtroppo” di inizio di seduta continuava a pesare sull’assemblea, anche se con difficoltà, ma lentamente, tendeva a dileguarsi.

Continua ad aleggiare a conclusione della nostra narrazione, con la sua ambivalenza che si traduce in: purtroppo! (peccato!): ha finito? O nell’altro: purtroppo (finalmente!) ha finito!

 In ogni caso, tutto unito nel nome di quel “purtroppo”! purtroppo ambiguo…

Antonio Resta

Accoglienza speciale al Liceo Classico di Nardò per le matricole dell’80esimo

Accoglienza speciale al Liceo Classico di Nardò per le matricole dell'80esimo

Accoglienza speciale al Liceo Classico di Nardò per le matricole dell’80esimo 

Accoglienza speciale al Liceo Classico di Nardò per le matricole dell’80esimo

Lunedì 12 ottobre 2015, nell’atrio del primo piano della sede di via XX Settembre, i docenti del Liceo Classico di Nardò hanno dato vita ad una suggestiva cerimonia d’accoglienza per gli alunni neoiscritti alla sezione classica dell’IISS Galilei.

Sono stati invitati i ragazzi delle due prime classi assieme alle loro famiglie per porgere loro il benvenuto nel liceo classico in una forma particolarmente solenne per la concomitanza della loro immatricolazione con l’80^ compleanno della scuola. L’incontro con le giovani matricole è stato suggellato dalla consegna di un attestato-ricordo del loro ingresso al liceo classico nell’anno in cui questo “spegne 80 candeline” ed è stato occasione per rievocare le tappe più significative della storia del liceo con la proiezione dei documenti storici di istituzione, commentati da una voce narrante e dall’esecuzione di brani musicali tra i più in voga negli anni presi in esame.

La piacevole serata è stata motivo di rafforzamento dell’intesa tra scuola e famiglie e occasione per sottolineare la volontà di continuare a formare le giovani generazioni sulla prestigiosa strada della tradizione classica.

I docenti di classe

Il Comitato 80

Presentazione della silloge poetica “In amore per amore con amore” e del romanzo “Fata del cuore mio” di Rossella Maggio

Presentazione della silloge poetica 'In amore per amore con amore' e del romanzo  “Fata del cuore mio” di Rossella Maggio

Presentazione della silloge poetica “In amore per amore con amore” e del romanzo “Fata del cuore mio” di Rossella Maggio 

Lecce –  23 ottobre 2015 – “Art&Co Gallerie” via Salvatore Nahi 27 – L’Associazione Culturale “Valori e Rinnovamento” ha organizzato la  presentazione della silloge poetica “In amore per amore con amore” e dell’ultimo romanzo “Fata del cuore mio” di Rossella Maggio – Saluto di Tiziano Giurin (Presidente di Art&Co Gallere), coordina Wojtek Pankiewicz (Presidente di “Valori e Rinnovamento”), dialogano con l’autrice i critici d’arte Mariella Agostinacchio ed Eraldo Martucci, letture di poesie e brani del romanzo a cura di Michela Leopizzi.

Podcast audio dell’intero evento:

In ricordo di Roldano Ruberto

In ricordo di Roldano Ruberto

In ricordo di Roldano Ruberto 

In ricordo di Roldano Ruberto

Dopo venti anni dalla sua triste scomparsa credo che si debba ricordare una persona prematuramente strappata alla vita, una persona buona, cordiale, solare, generosa e amica di tutti. Attorno al suo tavolo di lavoro, a scuola, c’era quasi sempre qualcuno intorno, che gli chiedeva qualcosa: come compilare una domanda, calcolare un certo punteggio, un consiglio, un parere. Le prime volte, vedendomi entrare, si sentiva a disagio, pensando forse che mi sarebbe potuto dispiacere che si occupasse di problemi di estranei nelle ore d’ufficio. Ma questo suo sospetto fu subito fugato non appena comprese che quello era un tratto comune ai nostri caratteri. La nostra amicizia si andò rafforzando man mano che si veniva approfondendo la reciproca conoscenza. Nutrivo una grande stima per Roldano, persona intelligente e colta, molto al di sopra del lavoro che svolgeva. Aveva superato un concorso a cattedra col massimo dei voti (40 agli scritti e 40 agli orali) ma per una serie di ritardi e di disguidi burocratici, frequenti allora nell’amministrazione scolastica, non potè mai occupare quella cattedra che aveva stravinto. Quando si dice che era amico di tutti non si commette alcun peccato di esagerazione, conosceva effettivamente l’intera città e tutti ne avevano stima ed amicizia.

Le parole che seguono sono il testo che avrei dovuto leggere quel tristissimo 8 luglio 1995 e che, per svariati motivi, non lessi. Ricordando lui, mi sono tornate alla mente, le ho rilette, e rivissute. Mi sembra giusto che non restino nel chiuso della scrivania. Le dedico, pertanto, queste parole, fedeli ai miei sentimenti, alla signora Marilena, a Renato e a Carmen, nella speranza di far loro cosa gradita.

                                                              _________

“Ti eri affacciato alla vita politica con prudenza, circospezione, quasi non fosse cosa per te; ne temevi le insidie, le falsità, gli opportunismi, le ingiustizie. Ma non potevi lasciar perdere, perché sentivi di doverne, prima o poi, accettare il peso e le fatiche.

Sì, perché non hai mai rinunciato a lottare, in qualunque contesto, in ogni occasione…per gli altri…non per te…sempre, in una continua generosa azione oblativa.

Per la tua famiglia, che nei pensieri e nei sentimenti giustamente occupava il posto privilegiato. Per i tuoi coltivavi le ambizioni e il desiderio costante di farti largo, in questo difficile mondo, profondamente impegnato ad aprire orizzonti, spazi, possibilità.

Sensibile e attento ai progressi dei tuoi figli, ne seguivi con ansia i successi intellettuali e scolastici, preoccupato che fossero accompagnati da una crescita complessiva, dove lo spirito e i valori fossero tratti primari e significativi.

Ma tu eri, fondamentalmente, figlio della tua città, Galatone, dalla quale avevi ereditato attivismo e passione, calore di impulsi e di sentimenti, generosità e apertura d’animo. Eri amico di tutti e tutti ti erano amici, ti era amica la tua gente, la tua città: un amore incondizionato e pienamente ricambiato. E tutto questo era presente nel tuo agire, nella tua attività professionale, dove eri disponibile a tutti, operatori scolastici e non, amici e cittadini qualunque, sempre pronto a prestare conoscenze e impegno, ricerca e consiglio. Così ti abbiamo visto nelle associazioni e negli organi collegiali della scuola, per la strada, nelle conversazioni, nei capannelli.

Non potevi sfuggire alla politica e ne fosti coinvolto, allorchè ti risultò chiara la convinzione che attraverso la politica avresti potuto rendere ulteriori più importanti servigi alla tua gente. Per Galatone decidesti di scendere in lizza, e Galatone capì e ti volle premiare: il primo degli eletti in quel novembre, tanto vicino e oggi tanto lontano. Capirono tutti il senso delle tue parole, la direzione dell’impegno, i progetti, i programmi. Rivoluzionario moderato sembra l’inconciliabile connotato del tuo credo politico: volevi rinnovare nel segno della moderazione e della razionalità.

Non volevi erigere steccati tra le parti, tra la tua gente, tra le persone. “Ognuno ha il diritto di avere le sue idee”- dicevi- “il suo credo religioso, sociale e politico e per la sua originalità e diversità merita rispetto e tolleranza”. Questo andavi ripetendo, nel mentre rivendicavi anche per te il tuo originale e libero sentire. Eri figlio della tua Galatone, ho detto, e ciò confermavi in ogni occasione.

Ti abbiamo avuto accanto nell’attività amministrativa ed abbiamo avuto conferma dell’idea che avevamo di te. Nel pur breve momento amministrativo hai lasciato impronta chiara e netta della tua intelligenza e della  generosa passione per la tua gente.

Roldano, la tua scomparsa, tragicamente prematura, ci lascia costernati, interdetti; tutto sembra irreale, non vero. Sono veri, purtroppo, lo sgomento e il dolore che leggiamo d’intorno, negli occhi di tutti: dei tuoi cari, degli amici, dei compagni nelle vicende sociali e politiche.

Ed è profondamente vero che nel dolore per la tua scomparsa ci sentiamo tutti intimamente coinvolti: ti piange l’intera tua città, Roldano, quella Galatone per la quale avevi assunto l’ultima gravosa fatica.”

Enrico Longo

Il vicesindaco Roldano Ruberto durante un matrimonio civile

Il vicesindaco Roldano Ruberto durante un matrimonio civile

DIETA e DIETE

"DIETA e DIETE"  favola di Antonio Resta

“DIETA e DIETE” favola di Antonio Resta 

DIETA e DIETE

            Il problema dell’obesità si faceva sentire tra gli abitanti della foresta, con ricadute pesanti sul bilancio della spesa sanitaria: buchi vistosi che, alla luce di chi se ne intendeva, venivano definiti più numerosi e, naturalmente, più larghi e più profondi di quelli del formaggio groviera: l’osservazione fu fatta dal topo, frequentatore abituale di quegli ambienti così invitanti e gustosi: quanto aveva espresso il topo era  più che pertinente e non poteva non essere preso in considerazione: la sua competenza in materia era indiscussa.

Non da tutti fu accolto il riferimento al formaggio (verrebbe la voglia di definirlo…casuale…), ma qualcun altro, volendo fare un accostamento che sapesse meno di un alimento non da tutti gradito, o forse (il verbale della riunione non lo riporta) per un rigurgito di nostalgia per gli anni in cui fu costruito, preferì paragonarlo al “Palazzo delle nazioni”, all’ EUR, a Roma, definito dai romani proprio così: groviera!

            Pensate un po’ se il paragone poteva venire, anche solo lontanamente, alla mente del topo!

            Ci fu un indovinato e opportunissimo suggerimento: chiamiamolo palazzo bucolico, si disse, oltretutto sarà un omaggio a Virgilio, autore di un trattato che reca questo titolo e sommo cantore della romanità.

            Groviera o palazzo, i buchi c’erano e bisognava prendere dei provvedimenti, se si voleva evitare la bancarotta e, soprattutto, dal punto di vista medico, scongiurare il pericolo dell’ “indotto” che inevitabilmente ne sarebbe seguito: malattie di vario genere, con riflessi enormi sulla vita… forestale e non solo a livello economico.

            Bisognava chiamare un esperto dietologo che illustrasse il problema dai vari punti di  vista e dettasse delle indicazioni capaci di arginare il suo espandersi, suggerendo o, nel caso, imponendo un comportamento alimentare che gradualmente riuscisse a convincere chi soprattutto ne avrebbe avuto bisogno.

Si indisse un congresso dove a tutti sarebbe stato possibile esprimere il proprio pensiero.

            E qui cominciarono le difficoltà o, se vogliamo dirla in una maniera più volgare, cominciarono i guai.

Chi lo avrebbe detto?

Si mise in discussione perfino il termine “dieta”: le motivazioni non mancavano ed erano storicamente fondate: non altrettanto, a dire la verità, lo erano i suoi significati terminologici, anche se difesi da chi li aveva avanzati.

Era un pendolare o, comunque, un viaggiatore che, recandosi ogni giorno a Bari per il suo lavoro, aveva modo di leggere, lungo la via che costeggia i binari, il nome della strada, scolpito sulla lapide, con la dicitura facilmente leggibile perché il treno rallenta in vicinanza della stazione: “Via Dieta di Bari”.

Che significa? L’interrogativo, se non tutti i giorni, ritornava spesso e con insistenza e, mai come adesso, si presentava l’occasione di poter ricevere dilucidazioni in merito (…non doveva parlare il dietologo? Non era uno specialista della materia?).

Alle domande sul significato di quella “dieta”, il nostro pendolare aveva tentato di dare una risposta per conto suo e l’aveva, almeno apparentemente, trovata, attraverso soluzioni che erano nate nella sua mente e che, lo sentiva, erano palesemente insufficienti.

La prima si rifaceva al significato stesso di dieta, in genere legato ad una alimentazione ridotta. Ci poteva entrare con Bari? E come? Col significato di ridurre la presenza o il potere di Bari nella nostra regione? Impossibile: è il capoluogo e non può aver questo significato, ammenocché non ci si riferisca al rapporto con Lecce, sempre segnato da una certa, sottile rivalità, all’origine di una non sempre celata difficoltà a sottostare a quanto Bari decide, fino al punto di ventilare l’idea di costituire una regione-Salento (Grande Salento), con l’opzione ovvia di Lecce a capoluogo…

Si ricorse all’altra ipotesi: una ricetta di cucina, tipica di questa Città: anche questa risposta non risultava soddisfacente perché, al di là di qualche aggiunta o leccornia locale, il “piatto” barese non si differenziava poi molto da quello di tutta la regione.

Sì, c’era il pesce alla marinara, ma mi veniva in mente la stranezza di una tale dicitura (la tenevo solo per me, a scanso di qualche giudizio sull’equilibrio delle mie facoltà mentali): il pesce, pensavo, è impossibile che non sia, comunque, alla marinara: la sua origine, il suo habitat naturale lo richiedono: non credo che alla carne, in genere, si possa aggiungere un tale aggettivo: avete mai sentito dire un pesce “alla terrestre”? direte che sono sottigliezze, ma la circostanza era buona per poterlo rilevare.

Si consultò un esperto, come si conviene in queste circostanze. La risposta “scientifica” fugò ogni dubbio, con la chiarificazione che quel “Dieta di Bari” si riferisce alla riunione (allora si chiamava così) avvenuta nel medioevo (nel 1195) per risolvere delle questioni di interesse popolare e che fece seguito all’incoronazione di Palermo di Enrico VI di Svevia: come atto più importante è da annotare l’indizione di una crociata.

Quanto lontana, dunque, da quella immaginata dal nostro viaggiatore che sicuramente, ma solo con la fantasia, l’ avrà ricostruita e…condita per lo meno con qualche…cornetto e con un saporoso “cappuccino”, data la presumibile ora in cui era costretto, ripercorrendola ogni giorno, a rileggere quella lapide ogni mattina!…

Il dotto professore, per dare ulteriore “spessore” al suo intervento (oltre al prestigio personale, c’era di mezzo…la prebenda finale…) richiamò una celebre Dieta (riunione) ben più importante di quella di Bari, quella che, dalla città tedesca in cui si svolse, Worms precisamente, prese il nome (siamo nel 1521): c’era di mezzo la posizione contestatrice di Lutero che poi sfociò nella crisi protestante, definita comunemente Riforma.

Tutte belle cose, ma il nocciolo della questione era un altro: era la dieta alimentare su cui bisognava intervenire: chiarirne la dinamica e orientare il comportamento dei cittadini, illustrandone i vantaggi e i pericoli.

Si era arrivati alla conclusione che la dieta mediterranea era la più adatta e la più efficace. Era un enunciato cui si era giunti dopo faticose ed estenuanti discussioni.

Anzitutto il nome: “mediterranea”.

Non fu facile far accettare quell’aggettivo ristretto a un mare limitato rispetto agli altri mari.

Chi si oppose con decisione fu, e chi poteva essere altrimenti? l’elefante. Era, peraltro, presidente del sindacato denominato Confederazione generale grasso integrale (Cggi), dove “integrale”, sia ben chiaro, non si riferiva alla composizione del pane, e derivati, finalizzata alla riduzione del loro apporto calorico, quanto alla “totalità” del consumo di qualsiasi cibo che capitasse…a tiro di bocca…

Di conseguenza, non chiedete, si raccomandava, di che tendenza politica sia: quando si mangia, le tendenze si “omologano” e diventano oggetto di …problematiche individuazioni: immaginate un congresso con preparati distinti secondo certi presupposti ideologici! Il grasso non ha confini o steccati geografici o politici…

Lui (l’elefante) sì, (con il suo segretario ippopotamo) era interessato alla dieta: si profilava, infatti, lo spettro di adeguare il suo cibo alla proporzione di un catino, quale ai suoi occhi risultava il Mediterraneo, rispetto, diciamo, a una diga ben capiente quale offrivano, chi più, chi meno, gli altri mari.

Perché non chiamarla dieta “pacifica”, in omaggio alla più ampia distesa d’acqua del globo?

La proposta fu scartata, oltretutto per la discussione animata che ne era seguita, tanto poco pacifica da far rinunciare del tutto alla denominazione, anche solo simbolica, dell’oceano…Con tali precedenti, un futuro di pace sarebbe stato non del tutto assicurato.

Era logico che per par condicio altri proponessero di chiamarla “atlantica”, ma, anche per questa denominazione non ci furono titubanze per scartarla.

Motivi? Anzitutto, c’era già il patto “atlantico”: anche se ora non aveva più il compito di un tempo, al solo nominarlo, richiamava sempre quell’atmosfera di difesa e, larvatamente, di guerra che aveva avuto nel recente passato. Senza dire che il privilegio di due titoli riservategli, poteva suscitare qualche inevitabile gelosia…oceanica.

Non restava che rifarsi all’Oceano indiano.

Qualche “dottore sottile” (non mancano mai!) sentenziò come questa denominazione avrebbe corso il rischio, da esperto quale era, di poter ricorrere a delle furbizie di una interpretazione perfino distorta della dieta: si sarebbe fatti gli…indiani, davanti a certe prescrizioni che avrebbero richiesto qualche rinuncia, facendole passare, magari, come elemento indispensabile agli effetti della sua riuscita. Perfino un’abbuffata sarebbe potuta diventare dieta…

La votazione finale scelse la dicitura “mediterranea” e fu, bisogna riconoscerlo, un vittoria della delegazione italiana.           Sarebbe risultato impensabile il contrario per una nazione che è circondata per tre quarti dalle sue acque cariche di storia e di civiltà, indiscutibilmente patria di un popolo di santi, di navigatori, di eroi…e l’elenco non finisce qui, potrebbe continuare a lungo, stando all’affollatissimo prontuario di personaggi illustri che qui hanno avuto i loro natali, in ogni campo!

Immaginate voi in che situazione si sarebbero trovati gli animali italiani (gli abitanti uomini) a doversi cibare di prodotti esclusivi della foresta (inesistente) o di altre specie di cibi che sono fuori della nostra portata ma, soprattutto, a livello di salute: era provato che i prodotti dei paesi che si affacciano sul mare nostrum sono i più efficaci per raggiungere lo scopo per cui ci si incontrava.

Mare “nostro”, aveva detto qualcuno e in questo ci aveva messo una punta di legittimo orgoglio. I Romani lo avevano definito così nell’antichità, come anche in tempi certamente molto più recenti di quel periodo. L’animale, autore di queste note, frequentava le scuole elementari durante la guerra, ed era costretto e quasi abituato, a cantare un inno “mediterraneo” in cui si allargavano i confini geografici di “Roma imperiale”, accampando la rivendicazione o la restituzione di luoghi anticamente “romani”: Nizza, Savoia, Corsica fatal, Malta baluardo di Romanità, Tunisi…ecc.

Fu in quella circostanza che si verificò un incidente imbarazzante.

Durante un’adunanza con folla “oceanica” (allora erano di moda, in barba a tutte le…scelte dietetiche) mentre un disco, con su incisa una canzone, in cui con l’enumerazione delle località appena elencate, seguiva la necessità di riconquistarle con un verso che iniziava con “è la parola d’ordine…”, il disco si incantò su quel “è una parola…”, incidente che si rivelò profetico, sapendo come le cose andarono a finire!

L’accordo sul nome da dare alla dieta era raggiunto, ma ora veniva il momento più delicato: specificare il contenuto.

Si dovevano creare delle commissioni per studiare il problema: quante, di quanti partiti?

 Non si poteva parlare più di “destra” o di “sinistra”. Per completare la mappa e per stare a un manuale che, per una certa assonanza a quello degli uomini, chiameremo “Manuale fringuelli”, si dovette ricorrere a quell’animale che potesse rendere l’idea delle divisioni in rapporto alle due braccia umane: chi meglio del millepiedi poteva far intravedere la conclusione? Poteva far intravedere…perché di fatto le correnti, le sottocorrenti si moltiplicavano continuamente, tanto che qualcuno cominciava già a pensare a chiamare, in rinforzo, un altro con la medesima disponibilità di braccia e di…orientamenti, con la speranza che bastasse…

Meno male: si stabilì uno sbarramento e fu una fortuna perché mille piedi (braccia) furono appena sufficienti.

Come per ogni commissione che si rispetti, la decisione fu di rimandare il tutto alla prossima riunione.

Il tema della dieta ritornò così in alto mare, da dove era partito, con l’unica differenza che il mare era rigorosamente mediterraneo…

Anche nostrum? Beh! così e così.

L’unico effetto pratico fu quello che il pendolare di tutti i giorni aveva potuto sciogliere l’enigma di quella targa con sopra impresso l’indirizzo della strada di Bari. D’ accordo per l’enigma del nome e della storia, ma il problema della dieta alimentare che pure era stato spesso suscitato da quel termine, rimaneva intatto, anzi, acuito da una conclusione che finiva…nello stomaco, abbuffato del fiotto di acquolina in bocca che spesso gli aveva causato…al solo leggere quel “dieta”.

             I buchi della spesa sanitaria si moltiplicarono per le malattie legate alle conseguenze dell’obesità, il bilancio diventò sempre più rosso, la situazione della cassa sempre più verde, avanzò sempre di più il bianco diffuso del vuoto delle entrate…

            Tra la delusione del “pendolare” che a tutto pensava fuorché a una soluzione di questo genere, tra quella degli oceani, privati di un onore che, data la loro importanza, s’aspettavano, con l’orgoglio del Mediterraneo per una insperata promozione, l’onore della bandiera nazionale, almeno nei suoi colori, era salvo.

Il treno, intanto, ritornava a percorrere tutti i giorni, puntualmente e pigramente, quel tratto ferroviario, il mare nostrum continuava ad essere cullato dal fruscio delle onde che si spegnevano, lambendo mollemente la battigia o si frantumavano con violenza sulla roccia degli scogli, con la compagnia del nome di una dieta che ripagava la “mitica” distesa d’acqua dalle amarezze subite prima di uscirne, anche in questa circostanza, vincitrice.

Soprattutto noi, mai ci saremmo aspettato che, a te, mare tanto celebrato, culla e crocevia di civiltà, teatro di tante battaglie, carico di storia, cui è stata associata una dieta ritenuta salutare, fedeli all’alimentazione che da te prende nome, avremmo dovuto inviarti una saluto, beneaugurate d’accordo, ma “condito” con un disadorno, perfino dissacrante e decisamente prosaico: buon appetito!

  Antonio Resta

A.S.D Fulcignano – Presentazione stagione 2015 /16

A.S.D Fulcignano - Presentazione stagione 2015/16 - Foto Vanessa Chirivì

A.S.D Fulcignano – Presentazione stagione 2015/16 – Foto Vanessa Chirivì 

Galatone (Le) – 17 ottobre 2015 – Centro Sportivo degli Ulivi – A.S.D Fulcignano – Presentazione stagione 2015 /16.

Album Fotografico a cura di Vanessa Chirivì:

https://www.facebook.com/media/set/?set=a.851850338256094.1073741983.557386517702479&type=3

A.S.D Fulcignano – Foto Vanessa Chirivì

A.S.D Fulcignano – Foto Vanessa Chirivì

Incontro con l’autrice Rossella Maggio

Incontro con l'autrice Rossella Maggio

Incontro con l’autrice Rossella Maggio 

Lecce, 17 ottobre 2015.

IL MOVIMENTO CULTURALE “VALORI E RINNOVAMENTO” – CANTIERE DELLA BELLEZZA – INVITA A PARTECIPARE, VENERDI’ 23 OTTOBRE,  A QUESTO GRANDE EVENTO CULTURALE :

PRESENTAZIONE DELLA SILLOGE POETICA “IN AMORE PER AMORE CON AMORE” E DELL’ULTIMO ROMANZO “FATA DEL CUORE MIO” DI ROSSELLA MAGGIO, PREMIATA IN QUESTI GIORNI COL TERZO POSTO A SANTA MARGHERITA LIGURE E COL PRIMO A COSENZA.

Pankiewicz : “Avanti con l’Arte e la Bellezza per costruire una società migliore”. Anche Rossella Maggio condivide l’appello di “Valori e Rinnovamento” per Lecce e il Salento Patrimonio dell’Umanità UNESCO

Venerdì 23 ottobre 2015, alle ore 19,00, presso Art&Co Gallerie, Lecce, Via Salvatore Nahi 27.

Programma :

  • Saluto di Tiziano Giurin, Presidente di Art&Co Gallere
    – Coordina Wojtek Pankiewicz, Presidente di “Valori e Rinnovamento”
    – Dialogano con l’autrice i critici d’arte Mariella Agostinacchio ed Eraldo Martucci
    – Leggerà alcune poesie ed alcuni brani del romanzo Michela Leopizzi

Il presidente di “Valori e Rinnovamento”, Wojtek Pankiewicz, ha affermato : “Proseguiamo con le iniziative dedicate al culto dell’arte e della bellezza, valori che aiutano l’essere umano a vivere meglio, migliorando qualitativamente la propria esistenza. Noi di “Valori e Rinnovamento” incoraggiamo la cultura del bello e quindi dell’Amore in ogni dove e col nostro progetto “Salento Ideale” estendiamo la cultura del bello anche all’economia e allo sviluppo. Rossella Maggio, scrittrice e poetessa, è una delle eccellenze del Salento, la ringraziamo sentitamente per aver accettato il nostro invito e anche per essersi unita  a noi nell’appello che ancora una volta il 23 ottobre rivolgeremo alle istituzioni affinchè si formalizzi l’iter per Lecce e il Salento Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Il Salento vuole correre, non più rincorrere”.

 

ROSSELLA MAGGIO

Vive a Lecce, dove insegna nella scuola superiore.  Nel gennaio 2013 è stato pubblicato il suo primo romanzo “In sostanza l’amore” che ha incontrato il favore del pubblico e ha ricevuto numerosi premi letterari. Nel 2014, è uscita la sua raccolta di poesie, circa 150 , tenute insieme da un filo conduttore che ne giustifica il titolo: “In amore per amore con amore”, che ha riscosso notevole apprezzamento e ricevuto premi e menzioni d’onore. Il 10 ottobre scorso, ha conseguito il terzo posto ex-aequo alla 38esima edizione del Concorso Letterario Internazionale “Santa Margherita Ligure “ Franco Delpino” . E’ da poco, uscito il suo secondo romanzo “Fata del cuore mio” che sta avendo larga diffusione e grande successo in tutta Italia e che è stato premiato col primo posto, proprio sabato 17 ottobre , presso il Teatro Comunale di Cosenza, dove Rossella Maggio ha personalmente ritirato il premio, nel 4° Concorso Internazionale di Poesia e Narrativa, organizzato dal “Club della Poesia” di Cosenza.

PRESENTAZIONE

“In amore per amore con amore” (Editrice Albatros)  è una raccolta di poesie che passa in rassegna i diversi stati d’animo che il sentimento dell’amore racchiude. Si va dalle poesie dell’eros a quelle in cui risalta la percezione dell’assenza del sentimento stesso e quindi della presenza del suo contrario, il disamore o la mancanza d’amore. Ci si inoltra nella passione disattesa e in quella pienamente vissuta, nei percorsi oscuri della gelosia e in quelli altissimi dell’amore universale e per gli universi.

 Ci sono riferimenti all’amore per i figli e all’amore inteso come amicizia e trasporto affettivo. Ci sono poesie scritte a quattro mani con l’uomo amato in cui si assiste ad un chiamarsi e rispondersi di note e di accenti messi in parola che è un gioco amoroso, un rincorrersi di melodia, un rispondersi d’anima.

C’è una sezione dedicata al sentimento della compassione che scaturisce da una comprensione infinita e libera, priva di pregiudizio che entra nella sfera dell’amore assoluto, sciolto cioè da ogni vincolo di umana natura. La raccolta si chiude con il ritorno all’amore puro che va oltre i confini della morte e trova il suo momento eterno nell’annullamento dello spazio e del tempo.

FATA DEL CUORE MIO  (Editrice Kimerik) – In sintesi

Il Professor Alberico Diobono, celebre studioso di Storia Medievale, conduce una vita caotica, fatta di studio, di impegni di lavoro e di incontri più o meno passionali orientati più a soddisfare il suo appetito sessuale che a fargli sorgere dentro un vero e proprio sentimento. Dopo il fallimento del suo matrimonio è diventato allergico ai legami troppo intensi e duraturi e preferisce non perdere mai il controllo della situazione. Gli resta, però, un’insoddisfazione perenne, una sete d’anima che non riesce a decifrare con chiarezza finché non s’imbatte in una giornalista dal nome strano, Amo. La totale assenza, nella donna, di ogni forma di pregiudizio e la sua serena solarità lo attirano inesorabilmente. Intanto, tra le tante donne d’occasione, gli capita anche di frequentare una ex modella che ha preso in seria considerazione la possibilità di fare del noto medievista il suo strumento di riscatto personale, sociale ed economico. Lasciando al lettore la curiosità dello svilupparsi della storia tra colpi di scena e conseguenze comiche, ma anche tragiche, l’Autrice conduce l’attenzione sulle dinamiche più profonde che guidano l’agire umano, sulle ferite d’anima, sull’intricato mondo interiore di ognuno dei personaggi, così che il romanzo è sì, una storia d’amore, ma soprattutto è una storia d’amore di ognuno con se stesso. Un percorso teso a conoscere ed amare, sia pure attraverso l’altro e con diverse modalità, la propria fata interiore, la presenza più intima che è la nostra essenza profonda rischiarata, a tratti, solo dai lampi del sentimento e dell’intuizione.