
“Galatone eterna” di Enrico Longo
Galatone eterna
Bella è la mia città, ricca di storia,
bella per le campagne e il suo mare
per le sue pietre antiche e la memoria
di grandi eventi e di persone rare.
Bella nelle stradine irregolari,
nei suoi mignani e nelle case a corte,
per il suo borgo antico e i santuari,
per quanto la natura ha dato in sorte.
Tu, forestiero, che resti ammirato
di quanto tutt’attorno agli occhi appare,
di luce e di colori sii appagato
ma cerca ancora, qui non ti fermare.
Oltre la porta del santo patrono
si apre il cuore della città antica,
di perle scopri a ogni angolo un tesoro
che agli occhi offre umile e pudica.
Noti pure qualcosa che addolora,
buio, abbandono, un muro diroccato,
fugge la mente e un poco si consola
con i dolci ricordi del passato.
Case sonore, stradine affollate,
botteghe, negozietti, un gran vociare,
uomini ai campi, donne indaffarate,
accanto ai panni foglie a essiccare.
Le lunghe nenie delle tabacchine
e le donne piegate tra gli ulivi,
uomini stanchi verso le cantine:
solo un bicchiere per sentirsi vivi.
Ti viene intanto incontro il santuario,
di là il palazzo con la torre antica
a un angolo solenne e solitario,
grande tra i grandi, ingegno che ci guida.
Ancora triste e in landa desolata
giace il castello mentre attende e spera
che la promessa sempre rinnovata
possa un bel giorno risultare vera.
Luoghi d’anima, senti che son tuoi,
dove respiri il senso dell’eterno,
dove ritrovi tutto ciò che vuoi
e ai quali rimani sempre fermo.
Enrico Longo